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Show C A N T 0 ,Q U A R T 0 XXXII. XXXV. Or tu, vile di core, 01' tu vorresti Ch'a l'alte imprese rivolgessi il tergo? Poi l'ardore a destar quasi sopito Per 13 lunga vernal tregua nojosa, La fame, il verno, i morbi, i casi infesti Di giostre e di tornei l'antico rito In questo suolo avran perpetuo albergo? A la Sveca propose oste animosa: Sovence avvien Che neri d‘i funesti Lieta ella accolse il generoso invito, Da pill sereni poi lasciansi a tergo. E mostrossi in arcion pil‘l baldanzosa, D'imbracciar scudi e di por lance in rests. Nulla teme l'croe quand'ha per guida Costanza invitCa, 6 Che a vircll s'aflida. XXXIII. Si de'pugnar, si de'seguir l'istinto Bramando ardita in Si gradcvol festa. XXXVI. Di poc'ore apprestar nel corso breve Chc ben chiaro il destin nel cor m'impresse: E tu smarrito e di pallor dipinto L'infiluste idee non fare al campo espresse : Fa Carlo da'suoi fanti ampio stcccato: Poi dal rinchiuso suol tolta la neve Lascia ch'ogni guerrier d'ardir sospinto Fiero ricalchi le prische orme istesse; E ch'al partir del lungo orrido verno D'Arena in guisa, ove securo e lieve Correr possa il destrier sul nudo prato: F orma due pom: di rastrelli armate, Prenda fortuna, e l'armi Russe a scherno. Ond'abbia a Home il giostrator l'entrate. XXXlV. Disse, e lancio verso Pepiro un guardo, Che parve scintillar di foco Vivo: Quei come toceo da fulmineo dardo Resto di moto e di favella privo. Carlo dal padiglion uscia, qual pardo, Le squadrc a esercitar novo Gradivo; E in finte pugne, e in simulati assalci Del proprio campo assalir fea gli spalti. Di gradi circolar cinge ogni lato, XXXVII. Nel centro de la lizza un padiglione Erge ad un punto, ov'cgli in tribunale Gran giudice locarsi a la tenzone Coi maggior duci in maesth regale: I nomi scritti entro ad un'urna ei pone Dei capitani in piCciol breve eguale, Onde quegli Otto estrar da la coorte Cui voglia a la battaglia cspor la sorte. ;. \ \‘ig' 1})"3' |