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Show CANTO' XXXII. lVla quell'albor Che tristamente irraggia. Del Groelando pescator le nasse, La gelata discopre immensa piaggia De le natanti moltiformi masse: Sembra ch'ov'una sorga altra ne caggia, Roccie insieme accozzando or alte, or basse; Onde a1 muggir del riluttante fiutto Un mondo par dal turbine distrutto. XXXHI. Il Russellano V‘iatore ardito Imitando de' venti l'ediflzio, Lit de la Neva ammontiechio sul lito Massi di gel con magico artifizio: Ne guari ando ch'ebbe un palagio ordito Emulator del labirinto Egizio, Ove la notte mille faci ardenti SECONDO XXXV. Perche l'acquoso umor perdendo il foco, Che gl'infuse, a fluir, saggia natura, Rallenta il movimento, e a poco a poco Lieve s'invetra, ed indi a tal s'indura, Che congelato nel pill basso loco Del vaso, Che il contien, prende figura; Siccome fuso in forme appar cristallo, 0 il migliore di lui duttil metallo. XXXVI. Mastro cos‘i de'novi magisteri A cent'usi converse il Russo l'acque! Di quel palagio gli ornamenti interi Del congelato umor formar gli piacque: La talami, sedili, tavolieri, Vasi, lumiere, e quanto in cor gli nacque: Fean trasparir gl'interni avvolgimenti. Perfino in su la soglia a lanciar destri Di gel cilindri i fulmini terrestri. XXXIV. XXXVII. Egli col fabbro suo maestro braccio De l'arte allor mirabile stromento, Quadriforme apparia l'altera mole Di pari fi'onte estesa in ogni canto: De la Neva il liquor tra ghiaccio e ghiaccio Versando in copia a guisa di cemento, Diafane le pareti al mondo sole, Que'massi unio di cos‘i saldo laccio Pareano ofFrir lucido albergo al sole Co'suoi ministri volatori a canto; Che: stanze ad albergar v'eran bastanti E gli anni, e i mesi, e i (ii, l'ore, e gl'istanti. Che, illesi ognor, del bellico tormento Sospinte addietro avrian le sf'eric'armi, Pih assai che in calce avvinti marmi a marini. Le vantate avanzando opre d'incanto, |