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Show c A .V 1' o P R I M o LXII. LXV. Ben mi rimembra ancor, Che cu, Cildreno, Fortuna al gran pensier parea seconda, Quello in soctrarsi Scolemburgo astuto, lVIentre da Grodno in fuga i1 Russellano Che su l'Odero un d‘i mi tenne a fi'eno, In Altopoli alfin rendesti muto; Veggendo :11 mo apparir in un baleno Del Berezin varear ci Iascio l'onda, Colpi iterando da Slorebo invano. L'intero campo in tua balia caduto: Sembrasti allor chi venne Vide e Vinse, Noi fieri valicando a mano a mano E me tra l'armi ad emularlo spinse. LX111. P61 comune valor di palme onusto Poi d‘OIiZino la palude immonda Cih gi'd il pigliam, ms. 211 Boristen ridutto Salvossi a nuoto entro l'amico flutto. LXVI. Guadate anco da noi le torbid'acque, Sa ognun, Che stetti a Lipsia indi in riposo, La via che adduce al des‘iato acquisto Ove pace concessi al Vinto Augusto, Veggiam di Mosca; allor speme rinacque, Fatto ver Stanislao meno sdegnoso: Ch'ivi i1 Britanno, ed il German robusto, 11 Batavo, ed il Franco ardimentoso Che i1 destin non ne fora avverso e tristo: Poneanmi 1' urna di 101‘ sorti in mano De l'Europeo destin quasi sovrano. Presso a Molenco da que'boschi useito LXIV. Ma di nostra sventura ei si compiacque, hientre un popol di barbari commisto D'improvviso ne chiuse, e assalse ardito. LXVII. 3121 il mio disdegno incontra Pier crescendo Troncar mi feo di tante glorie i1 corso. Rapidamente il mio cammin riprendo Lungamente pugnammo a dubbio Marte, Formato i1 nostro campo quadrifi‘onte: Alfin 1' ostil furor Vinto da l'arte Questo per afl'rontar indomit'orso; Che ben potria d'immenso strazio orrendo Ne le vie rinselvossi a lui sol conte. Cangio allora pensier, e a questa parte Empir I'Europag e incollerabil morso, Novello Tamerlano, ai regi imporre, Se al periglio fatal Svczia non corre. Movo altre a ragunar coorti pronte Da te Vepncl, da Stanislao, che fido Guider'd nove genti a questo lido. 1) 11)} 11 |