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Show c A N T 0 FRI/110 LXXX. LXXXIII. Al suo fianco scdea prode ministro Calicino, Sofia, Ivano, e Pietro Quel Galicin, che la grand‘arte apprese Di regnar, di pugnar un di su l'lscro, Lit ve' de l'alme a farsi donno intese: Poiehe Sobieschi, Che dcstin sinistro Porto mai sempre a l'Ottomane imprese, Ed Austria ed Adria in lega unendo seer) Ricenne a fi‘en l'usurpator del Grcco. LXXXI. Nla in questo mezzo alto gridar si sente, Lungo le vie di lVIosca, a l'arme a l'arme,‘ Da la torre il maggior bronzo repente Rauco intuonar sediz‘ioso carme: Sospinta al Cremlo in un genre eon gente, Par Che a novo furor urtando s'arme: Stuol di Streliti co le ignude spade Le regie stanze forsennato invade. LXXXII. Guidavanlo i Covanski e padre e figlio Feroci ad isvenar i Narichini, lVIorto eredendo Ivan per lor consiglio, Onde lVIosca al sol Pier scettro destini: Spumosi il labbro, ed infocati il ciglio, i belve struggicor parean mastini, Tosto Che furo a gli occhi loro apparsi, Spinsero i due fellon mutoli addietro Del Narichino sangue invan cosparsi: Tacque del bronzo il bellicoso metro, E solo voci di pietii levarsi, Visto l'inganno, inermi gli Streliti, Tratti a pie di Sofia gemean pentiti. LXXXIV. ben, diss'ella, al vostro error perdono, Purch‘e di fedeltii prove mi diate: Con Galiciuo difensor del trono Le Tartar-6e a snidar orde ne andate: Coi Covanski non giél, Che dar perdono A colpa non degg'io d'anime ingrate: NIuojano entrambi, e il lor dovuto scempio A'parricidi ognor serva d'esempio. LXXXV. Diceva; e balenar laseib un sorriso, Che tra sdegno e piet'a chiusc gli accenti; E fe: gioja apparir sopr'ogni Viso De le acquetate Russellane genti: Che visto i rei l'un dopo l'altro ucciso Che tutco il regio seme avriano spento, Dietro al gran condottier mossero ardenti, Per tentare in Crimea con alta impresa Mencr'ambi di regnar nudrian talento. L'onta coprir de la passata oHEsa. IX |