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Show p R I M 0 L. L111. Quantunque molli, andiamo audaci e franchi Per strette vie di sconosciuti boschi, Senza timor d'aver nemici a'fianchi, In que'sentieri taciturni e foschi: Fuor de la selva in sul mattin gill stanchi, Non vedendoci intorno Ucranj e lV'Ioschi, D'un largo fiume in riva a le chiare acque L'aintzto campo a ristorar si giacque. Di Zopiro in quel d‘1 sotto la scorta L'Oloschino varchiam, lasciando a manca NIolenco, dove Pier con arte accorta Le fosse addoppia, ed i guerrier rinfranca; Cos‘l R'lolovia, in cui si riconforta Cheriman d'annientar la Svezia stanca: Di Novorgo fuggiam le ferree soglie Perche Menzico ivi grand'oste accoglie. LI. LIV. Ver noi da l'altra sponda in piccol legno Venir solcando un cavalier rimiro; De la Sveca divisa a1 noto segno Conosco il tuo, o Cildren, prode priro Lui giunto, andiamo d'amistade in pegno A fargl'intorno assai festevol giro: Del re chiedemmo e dci guerrieri insieme lVIa pel cammin con barbari drappelli D'equestri Russellani andiam pugnando, Che fra le selve insidiosi e felli Sovente Ci assalir col foco e'l brando: Pochi bronzi guerrier prendiam da quelli, Che sen fuggiro alfin quasi volando. Or que'campion degni d'eterna fi‘onda Portando in cor desio, timore, e speme. De la Desna, o mio re, vedi a la sponda. LII. LV. Seppesi allor, ch'otto e pill mille armati Tacque Vepnelo: un parlar basso e sordo Ne scorgevi, o Cildreno, a dar soccorso , Ma che Menzico con pill assai soldati T'avea gi'd tronco del cammino il corso: Che i tuoi, o Carlo, s'erano attendati A Starodubo, imposto a 1' ire il morso, Finch‘e di Stanislao possa l'aita Far di lVIosca tentar l'impresa ordita. Ne l'assemblea subitamente sorse, Simil de l'api al dissonante accordo Dai prati a l'alvear in folla accorse. Poiché di Sveco sangue é'l Russo ingordo, Pil‘l d'un dicea, nostro destino e: in forse: E ripensando a l'ultima sconfitta, Sentia d'alto dolor l'alma trafitta. |