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Show 138 LETTERA XI. cuni fegreti di colle , e palle, cosi tegnenti , che infaldata con elle una porccllana, un crilial di monte, in niun luogo fono meno fottopolliariromperli, che nella faldatura. In quauto poi a i carntteri de'perl'onag~ gi dell' opera, che quantunque finti , e per finti ri- conofciuti da noi medelimi, put non lalciano di rifvegliar cog] forte le nollre paflioni, io credo, Che a pretendere di fargli fervire di comparanti della nollra verafenfibilithwerlo la linta delle beflie,quando anche per finta folle riconolciuta, io credo dico, che la li- militudine zoppichi forte; perchéilnofiro odio,ilnoflro amorc, il nollro compatimento, la noflra ammira. LETTERA XI.- 139 zi la pill forte. a mic credere, di tutte le ragioni, per credere, che gli ammali liano .qualche cofa piii, anzi di molto pu‘l che onvoli, e che di quegli , che profcfiano di crederlo, al pii‘l, le lo diano ad intendere,lna Che niuno lo creda, e a non far complimenti, tlimo, che la col}; li riduca, 0 ad apparenza,o a capriccio, e Che per l'onorc del per alrro profellato Cartelianlfmo, vr lia forfe mono di zelo, che d' ipocrifia: Si Signorc d' ipocrxsla. Oh quanto pagherci ,che V. P. cheilnofiro Signore Abate, e qualche altro galantuomo del loro calibro,diventallero Cnrtefiani per un quarto d' cm! [0 {on licuro , che non mi farebbero fientar come zione,ilnofiro dolore,non pifi fi fermano in quelper- no bracco, a cavar dalla loro ingenuitz‘: alcune confef- fonaggi, di quel chefi fermi la nollra compiacenza, o la nollra averlione in quello l'pecchio, che mi riflerte lioni, per aver le quali, di chi l'ollinazione, e di chi un vifo hello, 0 brutto, che per averlo io dietro alle l'pal- le non polio vederlo direttameme; trapall'ando nell'i- fielTo modo per appunto qucl‘ti nol‘rri atl‘etti negll originali de'Perlbnaggi medelimi, ond' é che verlb i loro individui rimanghiamo cosi indilferenti, che fceli dI palco, e l'pogliatime pure gli rafliguriamo; e fe ci {on fatti riconol‘cere, ci facciamo loro debitori, liccome della noflra fiima, cosi della nollra inclinazione ,6 del nollro applaufo, e pii‘x dl mano in mano a quegli, Che ci hanno pifi fiernmente commollo, che vuol dire che h_anno piil forremente, e pifi foavemente inlieme folletrcato 1i prurito delle nollre pallioni. 'Negll animall la faccenda va diverfamente all'ai. ln una parola lola: qucl mulico é uno fpecchio, che rimanda tutto 1l rnio pmore bello, netto a Pompeo, per elempio, a Anlionle. Il mio Becar é una (pugna, che fe lo be‘ ve,le lo fuccia rutro per 36:. Perché? perche {on perfualb, Che anche egli n'abbia per me, e va per rima, c colla rima {on cam, che v‘e la ragione ancora,an- zr l'impegno,m'obbllgherebbe a far marciare il cannone: ccco per efempio. L' ultima volta, che io fui da lei, mi ricordo, che clla aveva ful tavolino delle cotogne; fc i0 me le folfi polio a federe allato, e. che datomi alle mani il fuo temperino, mi folfe venuto fatto,co~ me fpefl'o feguc, fenza avvertire quel che uno Ii fa,di cominciare, cosi difcorrendo dileorrendo , a sforac. chiare una di quelle cotogne; le interrotto poi il di. fcorfo, io le avelli domandato cosi di fecco in fecco; Padre Lettore le do io noja? noja? e perché? m' ave. rebbe ella rilpofio , guardandomi tillo in vrfo , tutto am- mirato, per non poterli immaginare ll motivo di 5i fattainterrogazlone. E fe di li a un poco , lo folii tornato a dirle; Padre Lettore per vita (in non mi faccia complimenti, potcndo ben credere,che fe quel‘to mio balocm le dellbnioja. io farei indifi'crentiflimo a lafciar. 10 (late; io per me credo, ch' ell-a avercbbe comincia~ toadubitare in me di qualcbe lucido intervallo,e molto plfi quando le avelfi aggiunto; ma davvcro darebb' cgli l'ammo a‘V. P. dz far: a quella cotogna quelche 10 ‘ "Will" |